Il Museo d’arte della Svizzera italiana il 26 maggio prossimo inaugura a Palazzo Reali “Mimesis of Domesticity”, la mostra di Monika Emmanuelle Kazi, vincitrice dell’edizione 2024 del Bally Artist Award. Per l’occasione, l’artista ha creato nella storica Sala Mattoni al piano terra del palazzo un nuovo gruppo di installazioni che evoca un interno domestico.
Come tipico nella sua pratica, anche per il progetto al MASI l’ambiente domestico è utilizzato da Kazi come un dispositivo per evocare memorie legate alla personale esperienza diasporica e alla più ampia storia coloniale. Nata a Parigi nel 1991, Monika Emmanuelle Kazi è cresciuta tra la Francia e la Repubblica del Congo, prima di trasferirsi a Ginevra, dove attualmente risiede. La sua pratica, in cui si riflette la sua identità diasporica, si concentra sull’esplorazione delle impronte e memorie lasciate dal corpo negli ambienti domestici, intesi come spazi privati e al tempo stesso politici. Un’attenzione, quella per gli interni domestici, che Kazi porta con sé anche grazie alla formazione come interior designer: con sguardo attento, l’artista riconosce così negli ambienti costruiti convinzioni e idee da mettere in discussione. Nelle sue opere – che alternano scrittura, performance, video e installazioni – oggetti ordinari e luoghi conosciuti diventano quindi campi d’indagine in cui ricercare tracce che possono rivelare radici di appartenenza, intime credenze e prospettive sul mondo, in definitiva, storie che si ripetono e che cambiano.
È un mobilio essenziale quello che occupa la sala di Palazzo Reali per il progetto di Kazi. Come suggerisce il titolo della mostra, “Mimesis of Domesticity”, chi osserva si trova davanti a un ambiente domestico suggerito da suppellettili comuni: composizioni di vasi, una lampada, piatti e bicchieri di cristallo, conservati a terra o su antichi mobili. Sono, questi, objets trouvé, oggetti ordinari che l’artista ha recuperato e successivamente inciso con il nitrato d’argento. Al posto dell’acqua, a colmare bicchieri, coppe e vasi ci sono infatti immagini di corpi e istantanee di vita vissuta che, come spesso accade nella pratica di Monika Emmanuelle Kazi, intrecciano la sua storia personale con tematiche storiche e politiche più vaste.Nelle scene, che grazie al processo chimico appaiono sul vetro, immagini dall’archivio personale dell’artista si mescolano con elementi mitici e vicende collettive, in particolare con l’iconografia della Dea Fortuna e i motivi riprodotti sulle banconote francesi “CFA”. Originariamente acronimo di “Colonie Francesi d’Africa” e successivamente di “Comunità Finanziaria Africana”, la sigla indica la valuta in uso nella Repubblica del Congo. In mostra, le vecchie banconote diventano cimeli dall’infanzia dell’artista. Al contempo, esse si rivelano come strumenti di dominazione coloniale funzionali all’imposizione di uno stile di vita e di un sistema di codici ben determinato. “Gli intimi recessi dello spazio domestico diventano i luoghi delle invasioni più intricate della storia” recita una frase del teorico postcoloniale indiano Homi K. Bhabha, che sintetizza efficacemente l’approccio di Kazi. Elementi apparentemente antitetici convivono in “Mimesis of Domesticity”, in cui il concetto di casa inteso come spazio di produzione e perpetuazione di identità si innesta anche su un elemento fluido come l’acqua. L’acqua è, infatti, una presenza costante nello spazio espositivo: tanto negli interventi site specific sul pavimento, quanto nella traccia sonora The seed (2017). Qui lo scorrere dell’acqua si alterna e si sovrappone alla voce dell’artista mentre racconta la cronaca di una vita vegetale attraverso i piccoli gesti quotidiani di attenzione e cura che le vengono rivolti. Il loop sonoro ricalca la ciclicità e lo scorrere inesorabile del tempo, fornendone al tempo stesso un antidoto: l’attenzione e l’affezione nella conservazione degli oggetti che ci circondano. Lo stesso atteggiamento di conservazione, meticoloso e preciso, caratterizza il gesto artistico di Kazi. Con “Mimesis of Domesticity” l’artista guarda ai temi di sostenibilità, conservazione e attenzione non solo nell’intimità dello spazio domestico, ma all’interno del nostro milieu sociale, culturale e politico. Un concetto di sostenibilità che va inteso in senso lato come forza di preservare un’identità autentica, capace di resistere di fronte ai capricci e ai rivolgimenti della ruota della Fortuna.
Monika Emmanuelle Kazi. Foto Pauline Humbert |
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