lunedì 22 luglio 2024

Guaymallén dell’artista argentina La Chola Poblete

Dal 13 settembre al 20 ottobre 2024 il MUDEC di Milano presenta con Deutsche Bank e in collaborazione con 24 ORE Cultura la mostra Guaymallén dell’artista argentina La Chola Poblete, vincitrice nel 2023 del prestigioso premio internazionale “Artist of the Year” che la Banca dedica all’arte contemporanea, e di recente premiata con una menzione speciale per il suo contributo alla 60a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.


La mostra è a cura di Britta Färber, Global Head of Art & Culture di Deutsche Bank. Artista, performer e attivista per i diritti LGBTQ+, nel suo lavoro La Chola Poblete (1989) esamina in modo critico le conseguenze del colonialismo e della supremazia bianca nel suo Paese, l’Argentina. Attraverso differenti media come scultura, pittura, performance, disegno, acquarello e fotografia, riflette sulle sue radici indigene e queer e si oppone alla stereotipizzazione e all'esotizzazione delle popolazioni indigene confrontandosi con il ruolo storico di donne, travestiti e transessuali, espressioni della femminilità prese di mira o emarginate dalle strutture di potere religiose e patriarcali. 

A questi temi si associa una riflessione più ampia che riguarda la posizione dell’artista nel mondo dell’arte in relazione alla sua identità (trans, indigena) e il ruolo delle istituzioni occidentali nel determinare i canoni di ciò che chiamiamo “arte”, un processo che non è solo un prodotto storico ma dipende attivamente da determinate condizioni ideologiche e post-coloniali. 

Per Guaymallén l’artista ha progettato uno spazio che si riferisce allo stile architettonico del barocco andino, ridisegnando gli ambienti di Mudec Photo come una straordinaria “chiesa del disegno” contemporanea, un luogo popolato da motivi e simboli religiosi, politici, erotici, pop-culturali e indigeni che si sovrappongono tra loro creando un ambiente immersivo dove storie di salvezza, vergini, martiri e antiche dee sono filtrate da una lente di auto-emancipazione, di guarigione e di reclamazione sovversiva.

Per accrediti stampa scrivere a ddl |arts|Elisa Fusi @: elisa.fusi@ddlstudio.net | +39 347 8086.566Ilaria Bolognesi @: ilaria.bolognesi@ddlstudio.net | +39 339 1287.840

martedì 2 luglio 2024

Scegliere una formazione nelle arti visive all’Accademia Galli


Scegliere una formazione nelle arti visive all’Accademia Galli significa intraprendere un percorso di eccellenza, un viaggio di scoperta e crescita personale, dove il talento incontra l'opportunità e dove ogni pennellata contribuisce a dipingere il proprio successo. Scopri i percorsi formativi dell'Accademia Aldo Galli di Como (IED network) negli OPEN DAY previsti il 9 luglio in presenza presso la sede di via Francesco Petrarca 9 a Como e dall’8 al 12 luglio online. 

L'Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como - IED network - offre un corso triennale in Pittura e Linguaggi visivi che ha l’obiettivo di formare artisti a 360 gradi. Le lezioni, pratiche e teoriche, spaziano dalle tecniche artistiche tradizionali alle più moderne espressioni visive: come le sessioni di pittura a olio e scultura che si alternano a workshop di pittura digitale e modellazione 3D. Questo approccio integrato permette di sviluppare una padronanza completa delle tecniche artistiche, garantendo la libertà di esprimere la propria visione in molteplici forme e tecniche. 

L'offerta formativa non si limita al triennio. Per coloro che desiderano approfondire ulteriormente le proprie competenze e affrontare il mercato dell’arte del futuro, è previsto il biennio Painting and Digital Art - Coding the Future: un percorso interamente in lingua inglese focalizzato sull'arte digitale, progettato per coloro che vogliono esplorare le nuove frontiere dell'arte, acquisendo competenze che sono sempre più richieste nel mondo professionale.

I docenti dell’accademia sono tutti professionisti affermati e attivi nel mondo dell'arte e del design e proprio grazie al loro prestigio e alla loro stretta connessione con il mondo del lavoro offrono agli studenti un'educazione di altissima qualità e preziose opportunità di networking e carriera. Iscriviti al seguente link

Per maggiori informazioni: Accademia di Belle Arti Aldo Galli IED Network

t. +39 031.30.14.30 |

www.accademiagalli.it| info@accademiagalli.com

venerdì 21 giugno 2024

DIORAMA. Generation Earth


Il MAN di Nuoro annuncia per l’estate una grande mostra che trasformerà tutte le sale del museo in uno spazio dinamico e sensibile, fatto di narrazioni e visioni, memorie della terra e nuovi orizzonti. Il MAN, come un gigantesco diorama – illusione in scatola di un mondo verosimile, dispositivo usato soprattutto nei musei di storia naturale per illustrare gli ambienti della biosfera – tornerà a proporre al pubblico una esperienza di “attraversamento” del museo, già sperimentata nel 2022 con la mostra SENSORAMA, interrogandosi ancora una volta su temi di attualità. Derivato dal greco dià (attraverso) e òrama (visione), DIORAMA significa “vedere attraverso” o “all’interno di qualcosa”. In questo caso, attraverso spaccati di mondi naturali e innaturali, popolati di creature e vegetazioni reali o ricreate, in una prospettiva che rende sempre più ambiguo il limite fra autentico o generato dall’intelligenza artificiale, possibile o impossibile.


DIORAMA. Generation Earth

05 Luglio 2024 - 10 Novembre 2024


Nuoro, Museo MAN


a cura di Chiara Gatti, Elisabetta Masala

in collaborazione con Storyville

con un testo a catalogo di Felice Cimatti

martedì 4 giugno 2024

Geometrie nomadi a Villa Verde di Reggio Emilia

Si conferma e si consolida la collaborazione tra la Casa di Cura privata polispecialistica Villa Verde di Reggio Emilia e l'associazione culturale Gommapane Lab, che da anni organizza mostre all'interno della clinica, nella convinzione che l'arte contemporanea possa favorire il processo di cura e portare sollievo a pazienti e visitatori.

Dal 6 giugno al 29 settembre, nei corridoi della struttura e nel parco, saranno esposte le opere di Michele Ferri e Domenico Scolaro. Il progetto Geometrie nomadi sarà presentato al pubblico giovedì 6 giugno, alle ore 18.30, da Fabrizio Franzini (Presidente Casa di Cura Villa Verde), Alessandra Franzini (Direttore generale Casa di Cura Villa Verde), Gaia Bertani e Nicla Ferrari (Fondatrici Gommapane Lab e curatrici della mostra), Michele Ferri e Domenico Scolaro (artisti).


«C'è un sottile filo conduttore tra le ricerche dei due artisti che, pur con linguaggi formalmente distanti e contenuti apparentemente divergenti, si collocano in una dimensione concettuale servendosi di simbolismi e geometrie per comunicare movimento, evoluzione e crescita. Scolaro, attraverso Esodo, opera materiale e statica, richiama ad un percorso di evoluzione dell'umanità; Ferri, nei suoi Paesaggi filosofici, indaga il concetto di casa come "bagaglio intimo", perché la nostra casa siamo noi», spiegano Gaia Bertani e Nicla Ferrari.

Michele Ferri indaga le forme del paesaggio, esponendo all'interno di Villa Verde una decina di dipinti. Le sue opere colpiscono per la raffinatezza della composizione, che si avvale di diverse tecniche e linguaggi. Forme essenziali offrono all'osservatore possibili chiavi di lettura, mentre le campiture pittoriche, gli inserti a collage e alcuni segni grafici ricorrenti, che costituiscono il suo personale alfabeto, lo conducono nell'immaginario dell'artista. Case, alberi, nuvole e ruote sono gli elementi fondanti di un mondo pregno di memorie, che sembra alludere all'infanzia intesa come punto di partenza per un viaggio in un la "casa" non è più materia statica, ma quel bagaglio intimo che ci portiamo dietro nelle nostre vite nomadi.

Domenico Scolaro presenta, nel parco di Villa Verde, l'installazione Esodo: una struttura in acciaio corten dalle linee essenziali e sinuose, che evocano un cammino leggermente in salita, punteggiato da scalini e dislivelli. La pulizia delle linee e la razionalità della geometria collocano l'opera in una dimensione materiale e spirituale al tempo stesso; la struttura sembra uscire dalla terra, culla e genitrice, offrendo un punto di partenza per una migrazione che conduce verso coscienza e sapere. Se l'opera è intrappolata in un aspetto marcatamente materiale, è evidente il suo valore simbolico, accentuato dalla fenditura nella parte più elevata: un passaggio di luce che diventa rivelazione e meta da raggiungere. La specie umana dovrà trovare nuove strategie di condivisione e, solo muovendosi assieme, farsi strada.

«Anche quest'anno siamo molto orgogliosi di ospitare fuori e dentro le mura di Villa Verde opere d'arte di grande impatto. Crediamo fermamente nell'importanza di integrare l'arte nella nostra cultura aziendale e nell'offrire occasioni uniche di ispirazione e intrattenimento per tutte le persone che frequentano la struttura. Ospitare le opere di questi artisti è un'occasione per celebrare la creatività e il talento, promuovendo bellezza e diversità all'interno della clinica», dichiara il direttore generale di Villa Verde Alessandra Franzini.

La mostra, accompagnata da singole brochure dedicate agli artisti con testi di Gaia Bertani e Nicla Ferrari, è visitabile liberamente negli orari di apertura della Casa di Cura. Per informazioni: Gommapane Lab (T. +39 346 9428813, gommapanelab@gmail.com, www.gommapanelab.it), Villa Verde (T. 0522 328611, info@villaverde.it, www.villaverde.it).


Pittore, scultore, illustratore, musicista, Michele Ferri ha compiuto gli studi artistici e musicali a Pesaro e Urbino. Dal 1993 al 2003 ha vissuto a Parigi, dove ha iniziato la sua carriera. Espone le sue opere (dipinti, sculture, illustrazioni) in mostre personali e collettive in Italia e all'estero. Dal 2011 vive a Reggio Emilia.


Domenico Scolaro nasce nel 1951 ad Arzignano (VI), dove vive e opera. Si dedica fin da giovanissimo alla pittura, esponendo per la prima volta a diciassette anni. La passione per l'arte e la notevole manualità lo spingono nel corso della vita a sperimentare con curiosità nuove tecniche e differenti materiali e a munirsi degli studi e della pratica necessari. Numerose sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, crea importanti opere pubbliche e partecipa a molte mostre personali e collettive in Italia e in Europa.



Evento segnalato da: CSArt di Chiara Serri, Via Emilia Santo Stefano 54, 42121 Reggio Emilia

domenica 19 maggio 2024

Mimesis of Domesticity - Monika Emmanuelle Kazi

Il Museo d’arte della Svizzera italiana il 26 maggio prossimo inaugura a Palazzo Reali “Mimesis of Domesticity”, la mostra di Monika Emmanuelle Kazi, vincitrice dell’edizione 2024 del Bally Artist Award. Per l’occasione, l’artista ha creato nella storica Sala Mattoni al piano terra del palazzo un nuovo gruppo di installazioni che evoca un interno domestico. 

Come tipico nella sua pratica, anche per il progetto al MASI l’ambiente domestico è utilizzato da Kazi come un dispositivo per evocare memorie legate alla personale esperienza diasporica e alla più ampia storia coloniale. Nata a Parigi nel 1991, Monika Emmanuelle Kazi è cresciuta tra la Francia e la Repubblica del Congo, prima di trasferirsi a Ginevra, dove attualmente risiede. La sua pratica, in cui si riflette la sua identità diasporica, si concentra sull’esplorazione delle impronte e memorie lasciate dal corpo negli ambienti domestici, intesi come spazi privati e al tempo stesso politici. Un’attenzione, quella per gli interni domestici, che Kazi porta con sé anche grazie alla formazione come interior designer: con sguardo attento, l’artista riconosce così negli ambienti costruiti convinzioni e idee da mettere in discussione. Nelle sue opere – che alternano scrittura, performance, video e installazioni – oggetti ordinari e luoghi conosciuti diventano quindi campi d’indagine in cui ricercare tracce che possono rivelare radici di appartenenza, intime credenze e prospettive sul mondo, in definitiva, storie che si ripetono e che cambiano.

È un mobilio essenziale quello che occupa la sala di Palazzo Reali per il progetto di Kazi. Come suggerisce il titolo della mostra, “Mimesis of Domesticity”, chi osserva si trova davanti a un ambiente domestico suggerito da suppellettili comuni: composizioni di vasi, una lampada, piatti e bicchieri di cristallo, conservati a terra o su antichi mobili. Sono, questi, objets trouvé, oggetti ordinari che l’artista ha recuperato e successivamente inciso con il nitrato d’argento. Al posto dell’acqua, a colmare bicchieri, coppe e vasi ci sono infatti immagini di corpi e istantanee di vita vissuta che, come spesso accade nella pratica di Monika Emmanuelle Kazi, intrecciano la sua storia personale con tematiche storiche e politiche più vaste.Nelle scene, che grazie al processo chimico appaiono sul vetro, immagini dall’archivio personale dell’artista si mescolano con elementi mitici e vicende collettive, in particolare con l’iconografia della Dea Fortuna e i motivi riprodotti sulle banconote francesi “CFA”. Originariamente acronimo di “Colonie Francesi d’Africa” e successivamente di “Comunità Finanziaria Africana”, la sigla indica la valuta in uso nella Repubblica del Congo. In mostra, le vecchie banconote diventano cimeli dall’infanzia dell’artista. Al contempo, esse si rivelano come strumenti di dominazione coloniale funzionali all’imposizione di uno stile di vita e di un sistema di codici ben determinato. “Gli intimi recessi dello spazio domestico diventano i luoghi delle invasioni più intricate della storia” recita una frase del teorico postcoloniale indiano Homi K. Bhabha, che sintetizza efficacemente l’approccio di Kazi. Elementi apparentemente antitetici convivono in “Mimesis of Domesticity”, in cui il concetto di casa inteso come spazio di produzione e perpetuazione di identità si innesta anche su un elemento fluido come l’acqua. L’acqua è, infatti, una presenza costante nello spazio espositivo: tanto negli interventi site specific sul pavimento, quanto nella traccia sonora The seed (2017). Qui lo scorrere dell’acqua si alterna e si sovrappone alla voce dell’artista mentre racconta la cronaca di una vita vegetale attraverso i piccoli gesti quotidiani di attenzione e cura che le vengono rivolti. Il loop sonoro ricalca la ciclicità e lo scorrere inesorabile del tempo, fornendone al tempo stesso un antidoto: l’attenzione e l’affezione nella conservazione degli oggetti che ci circondano. Lo stesso atteggiamento di conservazione, meticoloso e preciso, caratterizza il gesto artistico di Kazi. Con “Mimesis of Domesticity” l’artista guarda ai temi di sostenibilità, conservazione e attenzione non solo nell’intimità dello spazio domestico, ma all’interno del nostro milieu sociale, culturale e politico. Un concetto di sostenibilità che va inteso in senso lato come forza di preservare un’identità autentica, capace di resistere di fronte ai capricci e ai rivolgimenti della ruota della Fortuna.

Monika Emmanuelle Kazi.
Foto Pauline Humbert

L’artista Monika Emmanuelle Kazi è nata nel 1991 a Parigi (Francia) ed è cresciuta tra Pointe-Noire (Repubblica del Congo) e Parigi. Oggi vive e lavora a Ginevra. Dopo aver studiato design d’interni, ha studiato belle arti presso la HEAD-Genève e si è laureata con lode nel 2021. Tra le mostre personali e bi-personali più recenti, PHILIPPZOLLINGER (Zurigo, 2024); TunnelTunnel (Losanna, 2023); Kunsthalle Friart Fribourg (2022); Villa du Parc (Annemasse, 2022); PHILIPPZOLLINGER (Zurigo, 2022); WallStreet (Fribourg, 2021); sic! Elephanthouse (Lucerna, 2021) e presso HIT (Ginevra, 2019). Ha partecipato a numerose mostre collettive, tra cui FRAC Champagne-Ardenne (Reims, 2024); AlteFabrik (Rapperswil, 2024); Publiek Park (Anversa, 2023); Forde (Ginevra, 2022); Centre d’Art Contemporain (Ginevra, 2021); Futura (Praga, 2021); Limbo Space (Ginevra, 2020) e Le Kabinet (Bruxelles, 2018). Nel 2021, Kazi ha ricevuto il premio Kiefer Hablitzel e il premio HEAD-Galerie. Nel 2022, Kazi ha completato una residenza presso La Cité des Arts di Parigi. Bally Artist AwardIstituito nel 2008, il Bally Artist Award è un premio che la Bally Foundation assegna ogni anno ad artiste e artisti svizzeri o residenti in Svizzera con un’attenzione particolare all’intersezione tra savoir-faire e natura. Dal 2021, grazie a una rinnovata e più intensa collaborazione con il Museo d’arte della Svizzera italiana, le opere dell’artista vincitore/vincitrice del premio vengono acquisite dalla Fondazione per entrare a far parte delle prestigiose collezioni del MASI che inoltre ospita una mostra personale di due mesi nella sede di Palazzo Reali. Per il premio 2024, il MASI e la Bally Foundation hanno invitato cinque figure molto stimate della scena artistica internazionale a curare la selezione degli artisti e delle artiste partecipanti: Céline Kopp (direttrice di Le Magasin - CNAC, Grenoble), Noah Stolz (curatore indipendente), Marc-Olivier Wahler (direttore del Musée d’art et d’histoire di Ginevra), Pedro Wirz (vincitore del Bally Artist Award 2023), Maja Wismer (responsabile del settore arte contemporanea del Kunstmuseum di Basilea). Gli artisti e le artiste nominate hanno quindi presentato un portfolio che è stato esaminato da una giuria composta da Nicolas Girotto e Vittoria Matarrese, rispettivamente presidente e direttrice della Bally Foundation, Tobia Bezzola, direttore del MASI, Julian Fronsacq, curatore capo del Mamco Ginevra, e Valentine Umansky, curatrice alla Tate Modern, Londra. La giuria ha attribuito il premio all’unanimità, pur rilevando la grande qualità e la diversità delle candidature.

Bally | Ufficio stampa per la SvizzeraMartin Hellrich, martin.hellrich@ballyprsuisse.ch, m +41 (0)79 405 59 09 

MASI Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana

Ufficio Comunicazione, comunicazione@masilugano.ch, +41 (0)58 866 42 40 

Per l’Italia

ddlArts+BattageMargherita Baleni | +39 347 445 2374 | margherita.baleni@battage.net

Alessandra de Antonellis | +39 339 363 7388 | alessandra.deantonellis@ddlstudio.net


domenica 21 aprile 2024

Calder. Sculpting Time

Il MASI Lugano inaugura Calder. Sculpting Time, la più completa mostra monografica dedicata ad Alexander Calder da un’istituzione pubblica svizzera negli ultimi cinquant’anni. 

Introducendo il movimento in una forma d'arte statica come la scultura, Calder ha esteso questo medium oltre il visivo, nella dimensione temporale. Attingendo da importanti collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui la Calder Foundation di New York dalla quale proviene un ampio corpus di opere, Calder. Sculpting Time presenta oltre 30 capolavori dell'artista creati tra il 1931 e il 1960. Calder. Sculpting Time esplora l’impatto profondo e trasformativo di questo artista rivoluzionario, delineando il suo sviluppo di un linguaggio formale e scultoreo caratterizzato da un'innovazione senza precedenti durante gli anni trenta e quaranta del Novecento. 

La mostra, concepita come spazio aperto, libero da pareti, offre al pubblico l’opportunità di ammirare opere che vanno dalle prime astrazioni o sphériques di Calder fino ad una magnifica selezione di mobiles più recenti, stabiles e standing mobiles di varie dimensioni. In mostra sarà inoltre presentata una selezione di constellations, un termine proposto da Marcel Duchamp e James Johnson Sweeney per le sculture dell'artista realizzate in legno e filo metallico nel 1943.


Calder si inserisce nell'avanguardia parigina poco dopo essersi trasferito nella capitale francese nel 1926. In questo periodo inizia a creare il suo rivoluzionario Cirque Calder e amplia la sua invenzione di ritratti in filo metallico, totalmente privi di massa. Nel 1930, il lavoro dell'artista si spostò in maniera netta verso l'astratto. La mostra segna questo importante snodo nella produzione dell’artista con le prime sculture non oggettive di Calder, che egli descrisse come densités, sphériques, arcs e mouvements arrêtés. Nel catalogo della mostra dell'artista del 1931 alla Galerie Percier di Parigi, Fernand Léger scrisse: “è qualcosa di serio nonostante non dia l’impressione di esserlo”. Tra queste opere spicca lo stabile Croisière, in cui fili sottili delineano un volume curvilineo a cui sono connesse due piccole sfere dipinte in bianco e nero. Le linee di fili metallici di Calder scolpiscono volumi dai vuoti e presentano il movimento di un'azione priva di peso e di massa. Una delle innovazioni più importanti di Calder è stata quella di aver incorporato il movimento nelle sue composizioni, introducendo così la dimensione temporale. I suoi mobiles - termine coniato da Duchamp per descrivere queste opere - sono sculture cinetiche le cui composizioni in continua mutazione sono attivate dalle condizioni dell'ambiente in cui si trovano. La mostra a Lugano presenta uno dei più importanti mobiles, Eucalyptus (1940). La scultura fece il suo debutto nella mostra di Calder del 1940 alla Pierre Matisse Gallery di New York e in seguito fu inclusa in quasi tutte le mostre più importanti allestite durante la vita dell'artista. “Muovendosi liberamente e interagendo con l'ambiente circostante, sembra dare forma all'aria; cambia continuamente, giocando con il tempo”, così le curatrici. La mostra include anche altri mobiles come Arc of Petals (1941) e l’imponente Red Lily Pads (1956), esposta nell’ultima sala, di fronte a una grande vetrata che offre una suggestiva vista sul lago e sul panorama circostante. Queste opere rispondono ad ogni minimo cambiamento dell’aria e della luce, vibrando nell’imprevedibilità del tempo e dei suoi diversi momenti. “Calder ha creato organismi metallici che possiedono le qualità della leggerezza e della varietà in forme biomorfiche sottili, che sono allo stesso tempo resistenti e fragili, dinamici ed estetici, solidi e ipersensibili”, spiegano le curatrici della mostra. In mostra, anche gli stabiles di Calder - termine coniato da Jean Arp per le opere statiche dell'artista in risposta a Duchamp – che esplorano invece il movimento implicito. Untitled (circa 1940) e Funghi Neri (1957) rendono evidenti le spettacolari variazioni di scala di queste opere, dalle dimensioni più ridotte a quelle maggiori.


A causa della scarsità di lastre di metallo durante la Seconda guerra mondiale, nel 1943 Calder iniziò una nuova serie di sculture astratte realizzate con fili metallici e legno, appese alla parete ad altezze inaspettate. Sweeney e Duchamp, che curarono la retrospettiva di Calder del 1943 al Museum of Modern Art di New York, proposero il termine "constellation" per queste sculture. “L’eredità di Calder perdura non solo nella presenza fisica delle sue opere, ma anche nel profondo impatto del suo lavoro, che ha cambiato il modo in cui percepiamo e interagiamo con la scultura. Il suo contributo alla storia dell’arte si estende ben oltre l'uso innovativo di materiali e l’impiego di nuove tecniche, catturando la sottile essenza di momenti fugaci. Confrontarsi con questa dimensione temporale è l'obiettivo di questa mostra”, concludono le curatrici. La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale in tre edizioni separate (italiano, inglese e tedesco), con un saggio di Carmen Giménez e Ana Mingot Comenge e una selezione di testi storici. La mostra è realizzata grazie a Fondazione Favorita.

L’artista Alexander Calder (1898, Lawnton, Pennsylvania - 1976, New York City), la cui illustre carriera ha attraversato gran parte del ventesimo secolo, è lo scultore più acclamato e influente del nostro tempo. Nato in una famiglia di celebri artisti di formazione classica, Calder ha utilizzato il suo genio innovativo per cambiare profondamente il corso dell'arte moderna. Negli anni venti ha iniziato a sviluppare un nuovo modo di scolpire: piegando e torcendo il filo metallico, ha essenzialmente "disegnato" figure tridimensionali nello spazio. È famoso per l'invenzione del mobile, i cui elementi sospesi e astratti si muovono e si bilanciano in un'armonia mutevole. A partire dagli anni cinquanta, Calder si è dedicato sempre più alla realizzazione di sculture all'aperto su larga scala in lastre d'acciaio imbullonate. Oggi questi imponenti giganti portano la bellezza nelle piazze pubbliche delle città di tutto il mondo.

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martedì 9 aprile 2024

Lezione sull'invidia

Non invidiare chi fa, ma prova invece a fare di meglio, se ne sei capace.

Questo saggio consiglio ci ricorda che la competizione non dovrebbe essere fonte di invidia o risentimento, ma piuttosto un’opportunità per migliorarci. Ogni persona ha il proprio percorso e le proprie sfide, e invece di invidiare gli altri, possiamo concentrarci su come possiamo superare noi stessi.

Quindi, sfidiamoci a fare sempre di meglio, a superare i nostri limiti e a crescere costantemente. Ricordiamoci che il successo di qualcun altro non ci impedisce di raggiungere il nostro obiettivo. Invece, possiamo trarre ispirazione dagli altri e cercare di fare ancora meglio.

Chiesetta di Sanzanello - Fotografia ed elaborazione di Leonardo Basile


giovedì 28 marzo 2024

Un Palazzo in esilio, terzo capitolo di Transmundane Economies

Dal 10 aprile al 7 luglio 2024, Fondazione Elpis presenta la mostra personale di Theodoulos Polyviou, Un Palazzo in esilio, terzo capitolo di Transmundane Economies, progetto in corso iniziato dall’artista nel 2022, che utilizza la virtualità e le tecnologie digitali associate per studiare, ricostruire e riempire i vuoti all’interno del patrimonio culturale di Cipro. Attraverso video, sculture, installazioni e disegni esposti in tutti gli spazi della Fondazione, la mostra prende le mosse dal progetto di un edificio arcivescovile cipriota al centro di un fatto storico realmente accaduto. Negli anni Cinquanta, in un clima di tensione etnica e nazionale, l'arcivescovo Makarios III promosse la costruzione di un nuovo palazzo arcivescovile, dando inizio al primo concorso di architettura dell'isola. Questo concorso, e il conseguente dibattito pubblico, evidenziarono il ruolo dell'architettura nell'identità nazionale durante la dominazione britannica creando un precedente per il futuro architettonico dell'isola. Nell’ambito del progetto Transmundane Economies - dopo il primo capitolo intitolato Bellapais Abbey al Künstlerhaus Bethanien di Berlino, e il secondo, SCREEN, esposto sempre a Berlino al Bode Museum – Un Palazzo in esilio esamina come i meccanismi di inclusione ed esclusione interni alla costruzione e al simbolismo del palazzo abbiano favorito un senso di comunità e di appartenenza, emarginando al contempo dalla narrazione nazionalista predominante i gruppi minoritari ciprioti. Il progetto espositivo Un Palazzo in esilio si inserisce nel palinsesto di mostre, iniziative, performance e inaugurazioni della Milano Art Week 2024, in programma dall’8 al 14 aprile.


Theodoulos Polyviou (1989, Cipro) è un artista con base a Berlino la cui pratica, nel suo nucleo, utilizza i media espansi per considerare il posto dei corpi all'interno della fisicità istituzionale e delle narrazioni culturali e politiche. Il suo progetto in corso Transmundane Economies utilizza la virtualità e le tecnologie digitali associate per studiare, ricostruire e riempire i vuoti del patrimonio culturale cipriota, allontanandosi da un'agenda nazionalista per speculare invece sul rapporto tra queerness, riparazione e reinvenzione all'interno degli intrecci storici dell'isola. Nel 2014 Theodoulos ha conseguito un master in comunicazione visiva presso il Royal College of Art di Londra. È cofondatore ed ex direttore del project space sperimentale Koraï, a Cipro. Nel 2020 ha co-curato la 19a edizione della Biennale Mediterranea: School of Waters, San Marino. Ha presentato il suo lavoro in mostre personali alla Künstlerhaus Bethanien, Berlino, e allo ZKM: Center for Art and Media, Karlsruhe, tra gli altri, e in varie mostre collettive, tra cui il Padiglione di Cipro alla Biennale di Architettura di Venezia del 2021. Nel 2023 è stato artista in residenza a Una Boccata d'Arte, progetto di arte contemporanea promosso da Fondazione Elpis, in collaborazione con Galleria Continua. Theodoulos Polyviou ha recentemente concluso la sua ultima mostra personale con la presentazione del secondo capitolo di Transmundane Economies intitolato SCREEN al Bode Museum di Berlino. FONDAZIONE ELPISCostituita nel 2020 da Marina Nissim, imprenditrice e collezionista, Fondazione Elpis ha al centro della sua mission il supporto ai giovani artisti. La Fondazione persegue i suoi scopi attraverso la realizzazione di mostre, residenze, attività educative e progetti diffusi su tutto il territorio nazionale. Con l’obiettivo di esplorare aree e scenari oltre i circuiti tradizionali dell’arte, Fondazione Elpis unisce mondi solo apparentemente distanti intercettando l’evolversi dei linguaggi espressivi. La decisione di aprire una nuova sede a Milano – a ottobre 2022 – nasce dai progetti e dalle collaborazioni attivate negli ultimi anni su scala nazionale. La Fondazione ha così consolidato attorno a sé una rete sempre più ampia mettendo in atto nuovi modelli di partecipazione e fruizione culturale. Ne è un esempio Una Boccata d’Arte, il progetto d’arte contemporanea giunto alla sua quinta edizione nel 2024, realizzato in collaborazione con Galleria Continua e con la partecipazione di Threes. Un’iniziativa diffusa in tutto il Paese che coinvolge ogni anno 20 artisti nell’ideazione di installazioni site specific, visitabili per l’intera estate, in 20 borghi italiani, uno per ogni regione.

Informazioni

Un Palazzo in esilio

di Theodoulos Polyviou

Dal 10 aprile al 7 luglio 2024

Preview stampa: martedì 9 aprile, 11.00-13.00 

Orari di apertura: da giovedì a domenica, h 12-19

(mercoledì 10 aprile la mostra sarà aperta dalle 12 alle 19)

Ingresso libero 

Un Palazzo in esilio si inserisce nel palinsesto della Milano Art Week 2024 (8-14 aprile) Fondazione Elpis Via Lamarmora 26, Milano 

www.fondazioneelpis.org 

Contatti: +39 02 8974 5372 | info@fondazioneelpis.org 

Social: IG: @fondazioneelpis | FB: Fondazione Elpis | #fondazioneelpis  Come arrivare: MM3 Crocetta; Tram linea 16 (fermata Via A. Lamarmora) 

Accessibilità: i tre piani espositivi sono collegati da un ascensore.  Contatti per la stampa ddlArts viale Premuda 14, 20129 Milano 

ddlarts@ddlstudio.net | T +39 02 8905.2365  

Alessandra de Antonellis | E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net | T +39 339 3637.388 

Maria Carla Forina | E-mail: mariacarla.forina@ddlstudio.net | T. +39 334 8385350

Flaminia Severini | E-mail: flaminia.severini@ddlstudio.net | T +39 393 3343937 

mercoledì 20 marzo 2024

Scene di Natura…Divina

Dal 23 marzo al 5 maggio 2024, presso la Sala Beltramini del Municipio di Asolo, si terrà il primo atto della mostra “Scene di Natura…Divina”, dell’artista padovana Gigliola Bessega.


La mostra, a cura di Angela Forin, è stata selezionata tra le iniziative correlate di Duse2024, il ricco calendario di eventi che Asolo dedica a Eleonora Duse per le celebrazioni del centenario dalla sua scomparsa.

Il secondo atto della mostra si terrà dal 14 settembre al 27 ottobre 2024.

Gigliola Bessega con sapienti tocchi di pennello mette in scena tele intrise di lirismo e profonda introspezione artistica in una fusione armoniosa tra l'effimero e il sublime, dove il teatro della vita si intreccia con l'essenza stessa del divino incarnata nella figura iconica di Eleonora Duse.

L'opera di Bessega si presenta come un mosaico di emozioni e significati, intessuto con maestria attraverso la tecnica pittorica ad olio. Preparando personalmente i suoi colori con pigmenti, terre e materiali naturali, l'artista si inserisce in una tradizione antica e alchemica, dove la materia stessa prende vita e si trasforma sotto lo sguardo attento dell'osservatore. L'ossidazione naturale dei pigmenti, influenzata dalla luce e dall'ambiente circostante, aggiunge ulteriori strati di significato alla sua opera, suggerendo un dialogo continuo tra il dipinto e lo spettatore.

Nella sua ricerca artistica Bessega si avvicina alla Natura con uno sguardo attento e rispettoso, catturando la sua bellezza e la sua sacralità con una precisione quasi scientifica e al contempo sognatrice e visionaria. Le tele, arricchite con materiali come argento, oro, tessuti e dipinte richiamando oggetti di scena come maschere, ventagli, piume, vetri, murrine e preziose perle a lume, trasportano in un mondo antico evocando l'atmosfera teatrale e veneziana che permeava l'epoca della Duse.


 


SCENE DI NATURA… DIVINA

Mostra in Due Atti di Gigliola Bessega


23 marzo – 5 maggio 2024

Sala Beltramini, Municipio di Asolo (Tv)

Informazioni

Municipio di Asolo

Piazza Gabriele D'Annunzio, 1, Asolo (Tv)

www.duse2024.it


mercoledì 13 marzo 2024

The Last Lamentation al Museo MAN di Nuoro

Inaugura il 28 marzo la mostra The Last Lamentation al Museo MAN di Nuoro, momento apicale del progetto artistico di Valentina Medda, a cura di Maria Paola Zedda, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (XI edizione, 2022), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, frutto di una coproduzione che dalla Sardegna si dirama fino al Belgio, a New York e alla Slovenia e che vede capofila ZEIT, insieme al MAN Museo di Nuoro, Sardegna Teatro, Flux Factory (NYC), e VierNulVier (Belgio). 

The Last Lamentation è un rituale funebre per il Mediterraneo, osservato dall’artista come luogo di attesa, sospensione e trapasso, incarnazione di un’assenza - deposito di corpi e corpo in sé.   Valentina Medda lo attraversa nell’evocazione di un rito diffuso in tutta l’area che si affaccia sulle sue coste: il pianto rituale, indagato alla fine degli anni ‘50 dall’antropologo Ernesto De Martino, ora pressoché estinto nel Sud Italia, ma vivo nelle coste meridionali e orientali dal Libano al Marocco.   

Valentina Medda, The Last Lamentation, 2023, still da video. Courtesy l'artista

La mostra si snoda intorno all’omonima opera video The Last Lamentation, prodotta tra il 2023 e il 2024, destinata alle collezioni del MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna: un lavoro girato in Sardegna e realizzato attraverso un percorso di ricerca nel territorio, che racconta la tragedia del mare attraverso un’ipnotica partitura coreografica, vocale, sonora. Il lavoro rielabora i codici rituali in forme contemporanee e astratte grazie alla collaborazione con Gaspare Sammartano, compositore, Claudia Ciceroni, compositrice e trainer vocalica, Attila Faravelli, per gli aspetti legati al field recording. Qui la relazione tra corpo, pathos, paesaggio si stratifica per sistemi di assenza e presenza attraverso la partecipazione di un coro di 12 donne vestite di nero, in piedi accanto al mare, elemento che per contrasto rende più tangibile la presenza silente dei morti e fa esplodere le loro voci. 

La mostra raccoglie inoltre un corpus di opere, molte delle quali esposte per la prima volta, che l’artista ha realizzato già nelle prime fasi di studio e che convergono intorno all’opera video ripercorrendone i momenti di elaborazione: collage, inchiostri su carta, fotografie, disegni e alcuni elementi scultorei.Dal 2018 Valentina Medda ha in atto una ricerca sul Mediterraneo, che inizialmente l’ha portata a lavorare a Beirut in residenza presso il Beirut Art Residency. Di questa esperienza troviamo tracce nei collage presenti in mostra, che compongono una tessitura che si annoda intorno a un territorio originario, la Sardegna - terra di provenienza dell’artista - per riconnettersi poi con il Mediterraneo. 

Insieme ai collage, l’evocazione dei fazzoletti che accompagnano il rituale del pianto ispirati dal documentario di Cecilia Mangini sulla tradizione pugliese, si cristallizzano nel processo di solidificazione attraverso la cottura della ceramica, che brucia l’anima del tessuto interno lasciando nella scultura un vuoto, un’assenza. 

A completare la restituzione della ricerca di Medda, un quaderno d’artista raccoglie visivamente le scene in uno storyboard poetico.  Immagini del mare e alcune polaroid lavorate come se questa acqua divenisse pelle, traducono un orizzonte visivo, che è liquido e corporeo insieme. 

Il progetto è presentato da ZEIT (capofila), in partnership con MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Teatro di Sardegna, Arts Centre 404 / VierNulVier (Ghent, BE) e Flux Factory (New York) in collaborazione con la Fondazione Sardegna Film Commission e sostenuto da ARS - Arte Condivisa in Sardegna per la Fondazione di Sardegna (sponsor di progetto). I partner culturali sono Careof, BIG Bari International Gender Festival, RAMDOM, Sa Manifattura, Alchemilla.

L’artista è supportata dalla rete europea di larga scala Stronger Peripheries – A Southern Coalition grazie al sostegno di Teatro di Sardegna, Bunker Ljubljana, L’Arboreto Mondaino. 

Il lavoro è concepito come un rituale funebre per il mare” – dichiara l’artista Valentina Medda – “una performance partecipativa ispirata alla tradizione delle lamentazioni funebri in cui un gruppo di donne vestite di nero dà vita a un grido condiviso, un rito che guarda al coro come all’unico linguaggio possibile per raccontare una tragedia contemporanea. Nel piangere per il Mediterraneo e i suoi morti – continua l’artista – il tentativo è quello di ridare voce e corpo attraverso un’azione poetica e politica, a quelle vite considerate sacrificabili, quelle che non meritano nemmeno il lutto, come afferma la filosofa Judith Butler. Il mare è qui estensione del corpo, che perde i suoi confini e si fa liquido, creatura acquea.  La domanda su dove finisca il corpo e dove inizi lo spazio ha plasmato, di fatto, tutta la mia ricerca degli ultimi 10 anni, attraverso linguaggi diversi e in modi diversi, mettendo in discussione la distinzione tra la fisicità dell'individuo e la materialità esterna nel tentativo di creare una geografia incarnata e immaginare nuovi corpi ibridi, trovando il filo che lega tutte le materie vibranti, viventi e non”. 


Biografia

Valentina Medda è un’artista interdisciplinare sarda che vive a Bologna. Ha studiato fotografia all’ICP - International Center of Photography di New York. La sua pratica artistica si snoda tra immagine, performance e interventi site-specific, indagando la relazione tra pubblico e privato, corpo e architettura, città e appartenenza sociale. Il suo lavoro è stato esposto e gira in contesti artistici e performativi nazionali e internazionali da Bologna, Milano, Cagliari a Parigi, New York, Beirut, Bruxelles e Amsterdam.È stata artista in residenza presso Couvent de Recollets, Parigi; BAR, Beirut; Cité des Arts, Parigi; Flux Factory, NY; Les bains connective, Bruxelles; MaisonVentidue, Bologna. Nel 2019 è stata invitata al Grand Tour d’Italie, progetto di networking internazionale della Direzione Generale Contemporanea del Ministero della Cultura. Ha ricevuto, tra gli altri, il Fondo Cimetta per la mobilità artistica, Movin up della Regione Emilia Romagna, IAP Mentorship della NYFA - New York Foundation for Arts e Tina Art PRIZE. Il suo progetto Cities by Night Across Borders, è stato selezionato tra i 19 vincitori del programma europeo “Perform Europe”.    

INFO 

Valentina Medda - The Last Lamentation

A cura di Maria Paola Zedda

MAN Museo d’Arte Provincia di Nuorovia Sebastiano Satta 27 - 08100 Nuoro

T. 0784-252110Orario continuato: 10 - 19 | lunedì chiusoinfo@museoman.it 

Uffici Stampa

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