Testo di Alberto Fiorin per il catalogo della mostra " Ruota a ruota Storie di biciclette, manifesti e campioni" edito da Silvana Editoriale.
"Una vera rivoluzione copernicana è avvenuta nel mondo dei trasporti con l’invenzione della bicicletta: si introducevano infatti due concetti nuovissimi, libertà e velocità.
Si può a buon diritto affermare che il turismo moderno sia nato attorno agli anni Ottanta del XIX secolo in contemporanea proprio alla standardizzazione della safety-bike – cioè della bicicletta con due ruote della stessa dimensione e quindi molto più stabile e sicura rispetto al biciclo o velocipede – perché consentiva al tourista, al routier (scritto così alla francese), la massima libertà di movimento.
Per la prima volta ci si poteva muovere in piena autonomia, senza seccature di cocchieri da allertare o di cavalli da cambiare: ecco perché possiamo parlare di libertà. Inoltre in bici ci si spostava tanto celermente come nessun altro mezzo allora consentiva, neppure il treno, costretto alle frequenti soste alle stazioni e per i rifornimenti di acqua e di carbone: ecco perché parliamo di velocità.
E proprio il concetto di velocità, questa nuova ebbrezza cui abbandonarsi lasciandosi sferzare dal vento in una discesa da scavezzacollo, era dichiarato esplicitamente da tutti i primi circoli di appassionati delle due ruote che sorsero in Italia col nome di Veloce Club. Così – tout court – senza alcuna specificazione. Non era ancora necessario data la mancanza di concorrenti: solo con il successivo avvento dell’automobile si sentì l’esigenza di aggiungere l’aggettivo ciclistico.
E a proposito di associazioni, sempre in quei decenni, cioè nel 1894, nacque il Touring Club Ciclistico Italiano – a ruota di quelli sorti qualche anno prima in numerose nazioni europee il cui capostipite è stato l’inglese Cyclists’ Touring Club – che aveva proprio come suo ragione sociale il favorire la conoscenza del territorio ai primi ciclisti-viaggiatori tramite la produzione di una cartografica dettagliata e la realizzazione di specifiche guide e opuscoli contenenti le informazioni necessarie per tracciare viaggi ciclistici in sicurezza, la produzione e sistemazione di una coerente e uniforme segnaletica stradale (non dimentichiamo che nell’Italia post-unitaria erano presenti ampie differenze: ad esempio nel meridione si era ancora fermi alle indicazioni del periodo borbonico), aiutare i propri associati a riparare i propri mezzi grazie alle cassette con attrezzi disseminate in luoghi strategici lungo le strade maggiormente percorse dai ciclisti…
Sono decenni di fermenti, di invenzioni, di innovazioni: l’industria della produzione della bicicletta diverrà il volano di tutta l’industria meccanica leggera e le sue principali componenti meccaniche (in primis i cuscinetti a sfera, la catena di trasmissione, la demoltiplica) vennero applicate successivamente ad altre invenzioni come l’automobile, la motocicletta, la macchina da scrivere e la macchina da cucire.
Non è certo un caso che le grandi aziende diventate note per la produzione di automobili (Peugeot, Bianchi, Opel, Adler) iniziarono col creare biciclette, specializzandosi solo dopo nella fabbricazione di auto; la stessa FIAT produsse anche velocipedi. C’era chi fabbricava, assieme alle bici, anche moto (Dei, Mars, Ganna, Marchand), stufe, macchine da maglieria, macchine da scrivere (Adler), macchine da cucire (Prinetti e Stucchi, Frera, Opel, Adler, Singer, Gritzer) o addirittura armi (Steyr-Puch), mostrando come tutta l’industria sia stata stimolata e trainata dalla produzione ciclistica.
Accanto ad invenzioni come la camera d’aria (il medico irlandese John Dunlop nel 1888) e lo pneumatico smontabile (Edouard e André Michelin nel 1891), che consentivano di ridurre l’attrito e aumentare la velocità, per rendere la vita più facile al turista in bicicletta che aveva il bisogno di immortalare i propri viaggi e la bellezza dei paesi scoperti ecco l’invenzione della macchina fotografica portatile (Eastman Kodak nel 1888) pensata per contenere pesi e spazi rispetto al classico catafalco con cavalletto, lastre e magnesio: è la prima macchina fotografica per non professionisti.
Ma l’industria della bici aveva anche bisogno di vendere, di farsi conoscere, di conquistare il mercato, di esporre i propri oggetti e infatti negli anni a cavallo tra Otto e Novecento si svilupparono delle interessanti campagne pubblicitarie che videro importanti artisti disegnare affiche molto stimolanti e accattivanti, che costituirono degli esempi da imitare entrando a buon diritto nella storia della pubblicità. In questa esposizione ne abbiamo degli straordinari esempi."
Storie di biciclette, manifesti e campioni
Fino al 30 Ottobre 2022
Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce (Chiesa di S. Margherita)
RUOTA A RUOTA. Storie di biciclette, manifesti e campioni
Mostra a cura di Elisabetta Pasqualin. Consulente storica Antonella Stelitano.
Da un’idea di Chiara Matteazzi
Info: www.collezionesalce.beniculturali.it
Ufficio Comunicazione Museo Salce:
Mariachiara Mazzariol mariachiara.mazzariol@beniculturali.it tel 0422 591936
Vincenza Lasala drm-ven.comunicazione@beniculturali.it
Ufficio Stampa della Mostra
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo