lunedì 10 novembre 2025

Il battito del picchio

Gilda&Co, poliedrico spazio milanese dedicato al design italiano, ospita dal 21 novembre 2025 la mostra IL BATTITO DEL PICCHIO. Il fantastico mondo delle ceramiche di Enzo Bioli, una rassegna che rende omaggio alla figura di Enzo Bioli – pittore, grafico, scenografo, designer e ceramista – attraverso più di 150 pezzi da lui disegnati per “Il Picchio”, laboratorio di produzione di ceramiche da lui fondato nel parmense nel 1967 e attivo fino al 1985, fucina di una produzione di serie e artistica di grande pregio riconosciuta a livello nazionale e internazionale.

Gilda&Co, spazio inaugurato nel 2024 in via Plinio, nato dall’esperienza di Daniele Lorenzon e di Compasso, storico showroom che da oltre 20 anni esplora il meglio del design del ‘900, prosegue nel suo intento di indagare e raccontare il design internazionale attraverso mostre d’essay con l’esposizione IL BATTITO DEL PICCHIO. Il fantastico mondo delle ceramiche di Enzo Bioli, dedicata alla produzione firmata da Bioli per “Il Picchio”.

Dal vasto archivio di Compasso — composto da oggetti, opere d’arte, documenti e fotografie — è infatti nata l’idea, immediatamente accolta dalla storica e critica del design Anty Pansera, di dedicare una mostra alla figura di Enzo Bioli, vero e proprio “artiere”, come lo definisce Pansera, perché capace di tenere insieme arti diverse nel gesto del fare, nel progetto, nella disciplina del mestiere. Lo stesso nome e logo che Bioli scelse per la sua officina, “Il Picchio”, con la quale firmò ogni suo manufatto, inclusi gli oltre 150 pezzi ospitati in mostra, sembrerebbe un rimando a questa sua rara dote: fu infatti Bioli stesso a disegnarne personalmente il logo, conferendo all’officina un’identità grafica “di mano” con una semplice marcatura a pennello – “Il Picchio – PR.” – che richiama l’origine artigianale e locale del laboratorio più che un marchio industriale. D’altra parte, il picchio, uccello laborioso e ritmico, diventa metafora del lavoro continuo e preciso dell’officina ceramica, con il battito del becco che rimanda al ritmo del tornio e del ciclo continuo del forno che trasformano l’argilla in serie.


Enzo Bioli nasce a Parma nel 1932. Si diploma in Scenografia all’Istituto d’Arte Paolo Toschi, dove studia con maestri come Latino Barilli, Renato Vernizzi, Enrico Bonaretti e Umberto Lilloni. Dopo tre anni all’Accademia di Brera, conclude la formazione artistica all’Accademia di Bologna. La sua carriera inizia come pittore, partecipando a premi e mostre in ambito locale e nazionale, ricevendo diversi riconoscimenti. Artista versatile, Bioli si dedica anche alla grafica, alla scenografia, al design e alla ceramica. Nel 1960 tiene la sua prima personale alla Galleria del Teatro, mentre nel 1967 fonda il laboratorio “Il Picchio”, attivo fino al 1985, i cui pezzi vengono segnalati dal noto mensile Domus già nel 1968. Profondamente legato alla vita culturale di Parma, ricopre incarichi di rilievo, tra cui assessore alla cultura e al teatro (1977) e presidente di A.T.E.R. ed E.R.T., importanti organi dei teatri regionali.

La mostra IL BATTITO DEL PICCHIO. Il fantastico mondo delle ceramiche di Enzo dà dunque spazio alla produzione ceramica di Bioli: lampade, fioriere, salvadanai, vasi, portacenere, tazze, piatti, tutti oggetti che rispondono a un linguaggio coerente e riconoscibile, fondato sulla componibilità e sulla modularità, e dunque pensati per dialogare tra loro più che per imporsi come pezzi isolati. Lo stile di Bioli guarda al futuro senza perdere il legame con la quotidianità: le sue forme “space age”, fatte di semisfere lucide, bocche circolari e basi troncoconiche, testimoniano l’interesse per un immaginario internazionale reinterpretato con grande naturalezza nei materiali ceramici. I gres e gli smalti pieni – arancione, blu oltremare, nero lucido – conferiscono agli oggetti una presenza intensa, capace di resistere nel tempo e di adattarsi tanto alla luce di una vetrina quanto all’atmosfera domestica di un salotto.

Ogni elemento firmato “Il Picchio” appartiene a una famiglia formale riconoscibile, tracciabile anche attraverso le varianti cromatiche, ed è concepito per costruire insieme agli altri pezzi uno spazio armonico e dinamico.

Scrive la curatrice, Anty Pansera: “Se dovessi lasciare a chi sfoglia questo “leporello” un criterio di lettura, direi: guardate come i pezzi si offrono alla mano e alla luce. Il Picchio non fa “piatti” e “vasi” soltanto: costruisce piccole macchine d’uso dove la forma è sempre una soluzione - mai un capriccio”.  

E aggiunge Alessandro Pedretti: “Gilda inaugura un nuovo episodio nella ricerca nel mondo del progetto e della creatività; le ceramiche de il Picchio come segni di un decennio passato ma che oggi si presentano più che mai vivi nella loro forza espressiva e visione di un mondo fantastico di forme, linguaggi, colori da creare un “living - scape” ambientale stupefacente.

Avere riunito e concentrato tale miscellanea di opere d’ uso e d’arte, ci permette di comprendere appieno la potenza di un episodio unico, sorprendente e identitario della sapienza e qualità del creare di Enzo Bioli. Buona visione!



GILDA&CO

presenta la mostra

IL BATTITO DEL PICCHIO

Il fantastico mondo delle ceramiche di Enzo Bioli


Guest curator Anty Pansera

Curatore della programmazione mostre

Alessandro Pedretti


21 novembre 2025 – 30 gennaio 2026

INAUGURAZIONE 20 NOVEMBRE ALLE ORE 18

Milano, Via Plinio 37

mercoledì 5 novembre 2025

Confini di luce - Dipinti di: Federica Boscaini, Giulia di Montevecchio Benedetti, Nadia Pavan Pizzolo, Rosanna Quintarelli

“Confini di luce. Dipinti di: Federica Boscaini, Giulia di Montevecchio Benedetti, Nadia Pavan Pizzolo, Rosanna Quintarelli” è la mostra che la Galleria Arianna Sartori inaugurerà Sabato 8 novembre alle ore 17.00 alla presenza degli Artisti nella sala di via Cappello 17 a Mantova.

“Colori, forme e composizioni che creano una dialettica pittorica che si inserisce tra realismo e fantasia, tra luci ed ombre, volta a rappresentare armoniosamente le tonalità dell’esperienza umana”.

L’esposizione, curata da Arianna Sartori, resterà aperta al pubblico fino al 20 novembre con orario: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, chiuso Domenica e festivi.

Informazioni: Tel. 0376.324260 – info@ariannasartori.eu

mercoledì 29 ottobre 2025

Da Picasso a Van Gogh

Da Picasso a Van Gogh

Storie di pittura dall’astrazione all’impressionismo


Capolavori dal Toledo Museum of Art

Treviso, Museo Santa Caterina

15 novembre 2025 - 10 maggio 2026

Marco Goldin torna nella sua Treviso con una mostra di autentici capolavori. Sessantuno quadri dal prestigio altissimo, se si pensa che nelle sale di Santa Caterina sono in arrivo, alcune anzi già arrivate, opere per un valore totale di un miliardo di euro.

Un’esposizione che nasce geograficamente da lontano – propone i capolavori del XIX e XX secolo del Toledo Museum of Art, in Ohio, nominato in questo 2025 il miglior museo degli Stati Uniti - e ancora più nell’anima di Goldin, che, studente a Venezia a Ca’ Foscari, scopre I racconti dell’Ohio di Sherwood Anderson e rimane affascinato dal paesaggio e dai personaggi, parimenti protagonisti.

Vincent Van Gogh, Campi di grano con falciatoreAuvers, 1890, olio su tela, Toledo Museum of Art

Nasce anche da una occasione più vicina: il Museo statunitense è oggetto di un importante ammodernamento e ampliamento e un nucleo delle sue opere più belle ha già toccato Auckland, in Nuova Zelanda, prima di andare in Australia, a Adelaide. Treviso sarà quindi la sola sede in Europa. Dati i rapporti di lunga data di Goldin con il Museo americano, a Treviso giunge un’edizione assolutamente speciale della mostra. Il curatore ha infatti ottenuto una integrazione del corpus originario, puntando a un nucleo aggiuntivo di opere di qualità assoluta che escono per la prima volta dal Museo stesso e che, dopo questa occasione, non si potranno ammirare se non recandosi in Ohio. Il Toledo Museum of Art è infatti per tradizione una istituzione gelosissima dei suoi innumerevoli capolavori e rarissimamente ne presta anche uno soltanto.

Per scelta del critico, il percorso della mostra va a ritroso nella storia dell’arte, partendo dall’astrazione americana del secondo Novecento, da Richard Diebenkorn a Morris Louis, da Ad Reinhardt a Helen Frankenthaler, per transitare poi ad alcune esperienze capitali dell’astrazione invece europea, da Ben Nicholson e Josef Albers fino a Piet Mondrian e Paul Klee, per approfondire quindi il passaggio dal ‘900 all’’800 e di seguito i tre grandi temi: la natura morta, le figure e i ritratti, i paesaggi.

Nel primo caso, compaiono due tra i maggiori artisti che nel XX secolo si sono dedicati alla natura morta, come Giorgio Morandi e Georges Braque, mentre Henri Fantin-Latour e Camille Pissarro, nel pieno tempo della formazione del gruppo impressionista, dicono, e specialmente il primo, della raffinatezza cui questo tema conduceva i migliori tra i pittori.

Molto ampia, la sezione dedicata ai ritratti, alle figure e alle figure ambientate che propone un’emozionante sequenza di opere, a partire da Matisse, Bonnard e Vuillard, per giungere a De Chirico e Modigliani e a uno splendido Picasso cubista del 1909.

Poi la relazione, sul tema delle figure all’aria aperta, tra gli impressionisti d’oltreoceano e gli impressionisti francesi, con opere di William Merritt Chase, Berthe Morisot, Camille Pissarro per approdare a Courbet e Millet. I capi d’opera di Pierre-Auguste Renoir, Edouard Manet e Edgar Degas danno ulteriore valore spettacolare e assoluto a questa sezione.

Anche la parte dedicata al paesaggio, quella che chiude la mostra, ha i caratteri dell’eccezionalità. Dapprincipio con le visioni che alcuni pittori, in modo assai diverso l’uno dall’altro, dedicano a Venezia (Signac) o a Parigi (Delaunay e Léger) per godere poi di una sequenza strepitosa di paesaggi impressionisti e post-impressionisti. Tra essi una delle più belle, e ultime, versioni delle Ninfee di Monet, accanto a capolavori di Gauguin, Whistler, Cezanne, Caillebotte, Renoir, Sisley.

Infine, su una parete isolata, quel Campo di grano con falciatore a Auvers con cui Van Gogh dà l’addio alla vita. Un quadro che nella sua assolutezza, nel suo essere grondante di colore e umanità, splendidamente rappresenta la qualità altissima delle opere custodite nel Toledo Museum of Art.

Accanto a questo iconico dipinto, nella Sala ipogea del museo trevigiano, è stata creata una vera e propria sala cinema da cinquanta posti in cui verrà proiettato a ciclo continuo per i visitatori il film, scritto e diretto da Marco Goldin – animazioni e montaggio di Alessandro Trettenero, musiche di Remo Anzovino -, intitolato Gli ultimi giorni di Van Gogh. Partendo dalle settimane conclusive vissute dal grande artista nel villaggio di Auvers, la mezzora di film si muove tra meravigliose immagini dei quadri, gli scorci di Auvers, Van Gogh che cammina e dipinge, oltre alle musiche e alla narrazione sempre poetica.


Per maggiori informazioni: www.lineadombra.it


Ufficio stampa della mostra:

Studio ESSECI – Sergio Campagnolo

Tel. 049 663499

Ref. Simone Raddi

simone@studioesseci.net  

Per maggiori informazioni: www.lineadombra.it


Ufficio stampa della mostra:

Studio ESSECI – Sergio Campagnolo

Tel. 049 663499

Ref. Simone Raddi

simone@studioesseci.net  


giovedì 23 ottobre 2025

Sophia Loren: il mito della bellezza disegnato con la luce


 La mostra si inserisce nel filone che il m.a.x. museo dedica ciclicamente alla fotografia e interpreta il tema guida del Centro Culturale Chiasso per il 2025-2026, ossia la pulchritudo, come espressione dell’armonia tra corpo e spirito. L’esposizione ripercorre, attraverso il concetto del “disegnare con la luce”, le immagini più iconiche che ritraggono Sophia Loren in momenti peculiari della sua vita, durante le riprese dei suoi celebri film o in contesti più personali, immortalata da alcuni fra i più grandi fotografi dell’epoca.  Al m.a.x. museo sono esposte quasi duecento fotografie, secondo un criterio tematico-cronologico: complessivamente 146 vintage e 31 reprint, che abbracciano sessant’anni di vita di Sophia Loren e restituiscono al visitatore le emozioni più profonde che la grande diva ha saputo suscitare, sia nei film (oltre un centinaio) sia nella vita. Il percorso si articola in sette sezioni: partendo dalla Napoli delle origini - l’ambiente dove l'allora Sofia Lazzaro Scicolone nasce e conosce le prime  difficoltà della vita - passando poi al cinema con le fotografie per Sceneggiature, quindi all’Eleganza, al suo particolare rapporto con l’Arte, cui seguono le parti dedicate agli Incontri pubblici, per terminare poi con momenti più intimi rivolti alla Famiglia e all’identificazione della Loren con una Icona di bellezza.

Non manca un approfondimento sul rapporto tra Sophia Loren e Salvatore Ferragamo e successivamente Giorgio Armani, documentato attraverso scatti fotografici e oggetti di design quali le raffinate calzature provenienti dal Museo Ferragamo di Firenze.


Nata a Roma e cresciuta a Pozzuoli (Napoli), Sophia Loren ha scelto di vivere in Svizzera, a Ginevra: l’esposizione vuole valorizzare questa doppia appartenenza, creando un ponte culturale fra Svizzera e Italia. L’evento espositivo gode del patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Berna e del Consolato Generale d’Italia a Lugano. 


 

Sophia Loren: il mito della bellezza disegnato con la luce 

A cura di Francesco Casetti, Angela Madesani e Nicoletta Ossanna Cavadini

Inaugurazione : domenica 26 ottobre 2025, ore 17.30 Cinema Teatro Chiasso

 

Saranno presenti : 

Uberto Vanni d’Archirafi - Ministro Plenipotenziario, Console generale d’Italia a Lugano 

Bruno Arrigoni - Sindaco, Capodicastero Attività culturali, Chiasso 

Francesco Casetti - Sterling Professor of Humanities and Film and Media Studies, Yale University, co-curatore 

Angela Madesani - Storica dell’arte e della fotografia, co-curatrice 

Nicoletta Ossanna Cavadini - Direttrice m.a.x. museo, co-curatrice  


aperitivo : ore 18.30, terrazza m.a.x. museo

apertura del m.a.x. museo fino alle ore 20.30


Periodo espositivo 27 ottobre 2025 - 08 marzo 2026 martedì-domenica 10.00-12.00; 14.00-18.00, lunedì chiuso

domenica 12 ottobre 2025

Stato di confronto

archilabmilano e RIBOT gallery presentano Stato di confronto, una mostra di Stefano Comensoli_Nicolò Colciago appositamente pensata per gli spazi di via Sacchi 4 a Milano.

Cornice del progetto espositivo è il cantiere di un appartamento in corso di ristrutturazione affidato allo studio archilabmilano. L’idea di utilizzare una simile ambientazione come spazio espositivo nasce dal desiderio di far dialogare due processi — quello architettonico e quello artistico — che condividono una radice comune ma si sviluppano secondo logiche differenti.

La mostra propone una riflessione attorno all’idea di cantiere inteso come campo fisico e metaforico, come luogo capace di ospitare simultaneamente immagini del tempo e della memoria, ma anche come dimensione che stimola nuove visioni sull’architettura. Il cantiere è simbolo della transitorietà di tutte le cose. È una dimensione fragile. Il cantiere scompare e non lascia traccia. In chiave romantica potrebbe rappresentare la rovina intesa come mappatura del futuro attraverso l’immagine del passato. La sua natura provvisoria assume un significato preciso proprio perché non ha ancora acquisito una forma definitiva: è un momento che non necessariamente deve farci interrogare sulla futura funzione dello spazio o sul destino che inevitabilmente lo porterà a diventare nuovamente una rovina o ancora un cantiere.

Secondo l'artista Robert Smithson “un edificio in costruzione non è esattamente un edificio in procinto di diventare una rovina, ma una rovina al contrario”. Questa teoria inverte la temporalità propria della concezione romantica e si concentra sull’incompiutezza come processo che caratterizza l’opera nella sua fase originaria. Non oppone distruzione e costruzione, ma si sofferma sull’istante in cui entrambe le componenti coesistono. In gergo tecnico, questo momento è definito “stato di confronto”.

A partire da questi presupposti, le opere di SC_NC presentate in mostra attivano un dialogo critico sia con il contesto, sia con i processi metaforici e temporali che lo attraversano, tramite lavori realizzati con il recupero di materiali provenienti da rovine contemporanee. L’indagine sull’origine è ben espressa nella serie Visioni di un oltre. Le opere sono porzioni di pavimenti in linoleum prelevati da edifici in stato di abbandono accuratamente trattati, intagliati e fissati su appositi supporti verticali. Il fronte dell’opera visibile al pubblico non è costituito da quella che era la parte calpestabile del pavimento ma dal suo rovescio, composto da residui di cemento e di colla al tempo utili all’applicazione del linoleum a terra. L’atto della posa avvenuto in fase di cantiere ci riporta idealmente all’origine di questi edifici e si riconnette all’azione di una gestualità anonima avvenuta in quell’istante. Lo stato di rovina dei luoghi è invece riletto nella serie Fiori fuori posto, esposta al secondo piano. In questi lavori l’intervento dell’incisione laser su fotografie scattate in scenari differenti e su elementi ritrovati disarticola la percezione, smonta l’ordine spaziale e temporale e sottrae la nuova rappresentazione dall’originario contesto di riferimento. Un contesto che trova la sua unica e completa forma di visibilità nel video Space in Mirror Is Closer Than It Appears (episode 03) in cui attraverso un’azione di cura all’interno di un luogo abbandonato gli artisti realizzano un’installazione soggetta ai mutamenti e alla sorte del luogo stesso.

Il lessico del cantiere, inteso come luogo del manifestarsi di infinite possibilità è richiamato anche nell’allestimento. Se da un lato la disposizione di alcune sculture in spazi raccolti richiama l’intimità di un ornamento domestico, dall’altro, il distacco di certe opere dalla parete suggerisce le molteplici traiettorie della costruzione e della distruzione sospese in un unico istante.


STEFANO COMENSOLI_NICOLÒ COLCIAGO

Stato di confronto

a cura di Stefano Setti e Maria Villa

16-19 ottobre 2025

Via Sacchi 4 – Milano

Inaugurazione giovedì 16 ottobre dalle ore 18.00

Saranno presenti gli artisti.

Progetto promosso da archilabmilano e RIBOT gallery

Orari di visita:

ven 17  - sab 18 - dom 19 ottobre su appuntamento

T. +39 3470509323 | T. +39 3485107480

venerdì 26 settembre 2025

Landandart – andar per arte

Sabato 4 ottobre 2025 prende il via il terzo atto del progetto Landandart – andar per arte, creato e curato dall’Associazione culturale VIA, con l’obiettivo di valorizzare il territorio del Monregalese in Piemonte attraverso i diversi linguaggi artistici contemporanei, con il coinvolgimento di attori locali, nazionali e internazionali.

Dopo gli artisti Emilio Ferro e Giovanni Ozzola, è la volta di Antonio Capaccio, che interviene nella maestosa nicchia ornata di stucchi che sovrasta l’altare della Ex Confraternita dei Battuti a Vicoforte

Santuario di Vicoforte_ph Roberto Conte

Grazie all’Associazione VIA, il vuoto della nicchia sarà colmato da un’opera site specific di Antonio Capaccio, di cui l’artista non ha voluto diffondere né immagini, né titolo. Nell’era delle immagini, dove tutto circola e dove tutto si svela con un click, questa volta le regole vengono sovvertite. Chi sarà presente all’inaugurazione vivrà l’emozione diretta di conoscere il lavoro dell’artista senza la mediazione di nessun mezzo di comunicazione che ne rovini la sorpresa. Si arriverà davanti alla nicchia che sovrasta l’altare della Ex Confraternita completamente disarmati, senza gli attrezzi offerti da commenti preventivi da parte di nessuno, perché nessuno saprà nulla fino a quel momento. Ognuno proverà di fronte all’opera sensazioni personali, autentiche, differenti, non condizionate da informazioni esterne. 

GLI INTERVENTI DEL 2024

L’Associazione Via accompagnerà il pubblico alla visita di altre due opere site-specific installate nel 2024.Miracle, dell’artista Emilio Ferro, un intervento permanente ideato per la Cappella di San Rocco situata lungo la via che porta al celebre Santuario di Vicoforte. L’opera si compone di una struttura metallica di luce di oltre 18 metri che attraversa lo spazio della cappella, indicando la via verso il Santuario, e di una registrazione sonora, creata dall’artista grazie al mescolamento delle vibrazioni dei campi magnetici della cappella e del Santuario, insieme con campioni di suoni provenienti dal paesaggio circostante.E ancora Atto unico - campane di Giovanni Ozzola, composto da cinque campane in ceramica, che inizialmente interagivano con lo spazio pubblico immerso nel verde lungo la passeggiata del Bosco della Nova a Mondovì e che, in occasione del terzo atto, verranno ricollocate nei pressi della Cappella di San Rocco. L’artista ha scelto di lavorare con l’argilla, che grazie alla sua origine e alla sua fragilità si carica di un concetto di ciclicità e di rinascita, connesso con i ritmi della natura e quindi con l’essere umano. Ogni campana testimonia col proprio suono una presenza individuale e, unendosi ai rintocchi delle altre, crea un insieme, invitando a riflettere su concetti come esistenza, origine e destino. 

L’ALTRA LANGA

Il Monregalese, in provincia di Cuneo, è quell’area compresa tra le Langhe, le vallate delle Alpi Marittime e la Liguria, racchiusa tra montagne, colline e pianura, non lontano dal mare. Un’“altra Langa”, quella più nascosta e più selvatica, dove spiccano Mondovì e Vicoforte e dove l’Associazione culturale VIA ha voluto dare vita a Landandart, mettendo al centro l’Arte, declinata nelle sue molteplici espressioni, e il Paesaggio, inteso sia come insieme di luoghi in cui scoprire beni architettonici da valorizzare e da promuovere, sia come elemento naturale da esplorare attraverso sport all’aria aperta. Grazie ad un progetto pluriennale di interventi artistici programmati e creati per le architetture rurali, il linguaggio della contemporaneità dialoga con il linguaggio antico, quasi arcaico di tradizioni contadine, pellegrinaggi e leggende. Il focus dell’intervento di quest’anno è la Ex Confraternita dei Battuti a Vicoforte, in particolare la grande nicchia settecentesca che sovrasta l’altare. Un tempo ospitava quella che per molti decenni si era ritenuta una “classica” pala d’altare. Poi, a seguito di un restauro, si scoprì che risultavano dipinti entrambi i lati e che quindi si trattava di uno stendardo processionale di notevole interesse adattato per quello spazio. Da molto tempo questo stendardo è stato rimosso, restaurato, e ora è conservato nella Sala Consiliare del Comune di Vicoforte. Su questo manufatto il Comune di Vicoforte offre una descrizione dettagliata dell’opera e del restauro.

Landandart – andar per arte

presenta

Antonio Capaccio Ex 

Confraternita dei Battuti

Vicoforte (Cuneo) 

EVENTO INAUGURALE 4 OTTOBRE 2025 

PROGRAMMA 

15:00 -16:00 Visita guidata del Santuario di Vicoforte 

ISCRIVITI ALLA VISITA GUIDATA A NUMERO CHIUSO 

16:15-16:30 Passeggiata lungo via San Rocco dal Santuario di Vicoforte

16:30-17:15 Visita della Cappella di San Rocco e delle installazioni Miracle di Emilio Ferro e Atto Unico-Campane di Giovanni Ozzola

17:15-17:30 Passeggiata verso la Ex Confraternita dei Battuti in via Roma

17:30-18:15 Inaugurazione dell’installazione di Antonio Capaccio

18:15-18:30 Passeggiata verso la Cappella di San Rocco

18:30-20:00 Musica e rinfresco nel campo Dietro San Rocco 

ISCRIVITI ALL’EVENTO INAUGURALE 

www.associazionevia.org

www.landandart.it


Maria Chiara Salvanelli | Press Office & CommunicationMaria Chiara Salvanelli mariachiara@salvanelli.it | + 39 3334580190

domenica 14 settembre 2025

Avere vent’anni: ritratto autoritratto

 Venerdì 19 settembre alle ore 18.30 verrà inaugurata presso lo Spazio Gerra di Reggio Emilia la mostra “Avere vent’anni: ritratto autoritratto” del fotografo Enzo Sbarra (Napoli, 1953) a cura di Marcello Tedesco.

L'esposizione si svolge nell’ambito della settimana della Salute Mentale 2025, promossa dal Dipartimento ad attività integrata Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Reggio Emilia dell’Azienda USL IRCCS, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e Giovani del Comune di Reggio Emilia e il coinvolgimento dell’Associazione Sostegno&Zucchero.

Il progetto nasce all’interno del Dipartimento di Salute Mentale di Reggio Emilia quando gli operatori impegnati nel servizio hanno osservato come negli ultimi anni il disagio giovanile fosse in forte crescita e come risultasse urgente testimoniare tale fenomeno, unitamente a una narrazione significativa di questa generazione.

L’azienda AUSL si è dunque coraggiosamente aperta allo sguardo di un artista, capace di vivere per diversi mesi a contatto con la complessità del disagio giovanile, instaurando a sua volta un rapporto stretto e inedito con i protagonisti di queste opere, permettendo la creazione di questa straordinaria serie di venti ritratti. La peculiare capacità di Enzo Sbarra di modularsi alla realtà osservata e amata ha reso possibile non solo di fare emergere quanto solitamente è nascosto, ma anche di creare un dispositivo dove l’immagine fotografica diventa specchio all’interno del quale ognuno di noi può riflettersi. Il dato significativo è che sono proprio i volti di questi soggetti a rivelare in modo inequivocabile una realtà troppe volte dimenticata o negletta.

Il progetto è ulteriormente arricchito dai testi che ogni protagonista ha fornito di sé, accompagnando, e per certi versi amplificando, le immagini di Enzo Sbarra. Questo aspetto di scambio e intersecazione con l’altro è una caratteristica fondante dell’operare dell’artista nel corso di cinquant’anni di lavoro.

La mostra è stata precedentemente presentata nel Circuito OFF del festival Fotografia Europea tenutasi lo scorso aprile a Reggio Emilia.

All’inaugurazione della mostra saranno presenti oltre all’artista, l’Assessore alla Cultura di Reggio Emilia Marco Mietto, la Dottoressa Francesca Fontana, Psichiatra, Direttore Dipartimento ad attività integrata Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Area Reggio, DAISMDP, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia,  Marco Curti (Presidente Associazione Sostegno&Zucchero) Maria Palladino e Sonia Leurini (ideatrici del progetto) e Marcello Tedesco (curatore della mostra).


 

Avere Vent’anni: ritratto autoritratto

Una mostra di Enzo Sbarra

A cura di Marcello Tedesco

Organizzata dal Dipartimento ad attività integrata Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Area Reggio

Con il Patrocinio del Comune di Reggio Emilia e dell’Associazione Sostegno&Zucchero.

Inaugurazione venerdì 19 settembre ore 18.30


Dal 19 al 28 settembre 2025.

Aperto dal venerdì alla domenica dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle 15:00 alle 19:30

Infrasettimanale su appuntamento

+39 0522 456786

stefania.carretti@comune.re.it

Piazza XXV Aprile 2, Reggio Emilia

sabato 6 settembre 2025

Prampolini Burri. Della Materia - Comunicato stampa

La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati apre la stagione autunnale con la mostra “Prampolini Burri. Della Materia”. Attraverso una ricerca che percorre l’intero ’900 italiano, il progetto espositivo pone un focus sull’uso di materiale eccentrico rispetto al medium tradizionale della pittura. Protagonisti di questa linea continua di sperimentazione sulle materie dell’arte sono Enrico Prampolini (Modena, 1894 – Roma, 1956) e Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995), entrambi attivi a Roma. 

Le ricerche sulla materia nelle sue molteplici modalità espressive sono indagate nella mostra alla Collezione Olgiati attraverso circa 50 capolavori provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private internazionali. Dalle opere futuriste e polimateriche di Prampolini a quelle potenti di Burri, il percorso mette in luce come il ricorso alla materia abbia saputo dar voce alle inquietudini di un periodo storico complesso, manifestandone tutta la violenza e la carica trasgressiva. Prampolini – futurista eclettico e a contatto con le più importanti avanguardie europee – sperimenta precocemente, già nel 1914, le potenzialità del polimaterismo; Burri, che rappresenta nella mostra la seconda metà del XX secolo, è stato invece fondamentale nel proporre la materia nella chiave poetica più radicale. “Le vie intraprese da Prampolini e Burri, con traiettorie e significati concettualmente diversi, mostrano strade possibili, certo non le uniche, ma sicuramente le più rischiose, quelle che rinunciando alla pittura intesa come puro medium di secolare tradizione, si affidano a tutt’altro, ritagliare e incollare, scavare nelle terre, utilizzare plastiche, sacchi, muffe e bruciare, aggiungere oggetti, e molto altro ancora. Una rivoluzione linguistica che diverrà, come è noto, nell’opera di Burri, norma e stile internazionale, con un primato europeo su cui vale la pena riflettere”, spiegano la curatrice Gabriella Belli e il curatore Bruno Corà. La mostra “Prampolini Burri. Della Materia” è parte di un trittico espositivo promosso da Danna e Giancarlo Olgiati e dedicato a confronti esemplari tra alcuni dei massimi protagonisti del Novecento e che già ha documentato la straordinaria contiguità tra Balla e Dorazio (2023) e la consonanza di poetica tra Yves Klein e Arman (2024).



La mostra L’indagine sulle due distinte, ma dominanti visioni della materia di Prampolini e Burri, si dipana alla Collezione Olgiati in uno spazio espositivo radicale, concepito per l’occasione da Mario Botta in due momenti successivi e separati. Scelte cromatiche opposte scandiscono il percorso della mostra, che si apre con le opere di Prampolini, allestite su pareti bianche, e prosegue con i lavori di Burri, che si impongono su pareti completamente nere. Attivo nel campo della pittura e, tra l’altro, della scenografia, dell’architettura e delle arti applicate, Prampolini aderisce al Futurismo nel 1912, declinandone però i principi in una sperimentazione totalmente autonoma e di respiro europeo. Se negli anni Venti la complessa produzione prampoliniana tende verso l’arte meccanica, come evidente, in mostra, in capolavori come Paesaggio caprese (o vesuviano), 1922 circa, è con Intervista con la materia del 1930 che si apre la fase più sentitamente visionaria e cosmica della sua produzione. Nel dipinto – un vero e proprio manifesto – i materiali più diversi, spugna, sughero, galalite, limitano sempre di più lo spazio, prima dominato dalla pittura. È una disobbedienza alle tecniche tradizionali che l’artista anticipa già diversi anni prima, nel 1914, in una raffinata sperimentazione, Béguinage, assemblaggio polimaterico anch’esso presente in mostra a Lugano. Sono diversi i capolavori presentati alla Collezione Olgiati dalla serie dei celebri quadri polimaterici degli anni Trenta di Prampolini. Metamorfosi inedite delle forme si aprono in opere come Venere meccanica, 1930, o il magnifico Geometria aerodinamica, 1934-1935, mentre Forme forze nello spazio del 1932 è una potente raffigurazione di mondi alieni dominati dalla geometria tra nuove forze psichiche di forme organiche; e, ancora, i famosi polimaterici degli anni Trenta – inizio Quaranta, come l’Automatismo polimaterico F del 1941. Sono lavori, questi, che scaturiscono da un fertile humus di contatti internazionali, tessuti dall’artista a Parigi fin dagli anni Venti tra movimenti diversi, come il Surrealismo e i pittori astratti-concreti, a lui più affini, quando aderisce al gruppo parigino di Cercle et Carré.“Come Prampolini abbia saputo districarsi tra queste due correnti, per farne sintesi in una convergenza stilistica e di senso, capace di unire aspetti dell’una e dell’altra, è il dato significativo di questa nuova fase del suo lavoro, che porta il sigillo di una internazionalità preziosa per la sua carriera, ma anche per il parterre della pittura italiana del tempo”, sottolinea la curatrice Gabriella Belli. Agli anni Cinquanta datano gli ultimi quadri polimaterici in mostra a Lugano, come Composizione astratta CR, 1954, dello stesso anno il capolavoro Tensioni astratte, per finire con la Composizione S 6: zolfo e cobalto del 1955: opere che testimoniano come, grazie alla continua evoluzione di forme e modi in ascolto con i tempi, Prampolini si sia rivelato un punto di riferimento per molti pittori che si affacciavano all’arte alla fine degli anni Quaranta.


Le concezioni intuitive di Burri in fatto di utilizzo della materia sono lontane dalle teorizzazioni di Prampolini. All’indomani del secondo conflitto mondiale vissuto in prima persona come ufficiale medico, prigioniero in Africa e poi a Hereford in Texas, divenuto artista autodidatta intraprende la ricerca di un linguaggio nuovo. Dopo un breve esordio nel figurativismo, a partire dal 1948, Burri decide di ricavare qualità pittorica dal gesto di presentazione della materia, svuotandola di ogni possibile metafora. È una materia umile e cruda, che arriva a sostituirsi al colore, quella di Burri; una materia in cui egli sembra ricercare lo stesso atto artistico inesauribile, un grado nuovo della forma e della bellezza. “L’attitudine alla sfida, all’imprevisto, all’analisi, la tensione etica, l’inclinazione alla facoltà compositiva, l’innato senso della geometria, la facilità nell’uso di ogni materiale a disposizione (…), dirigono le qualità e gli obiettivi di ‘riscatto’ del futuro pittore destinato a influire, dal dopoguerra in poi, sulla sensibilità del fare pittura e scultura nella scena artistica internazionale”, spiega il curatore Bruno Corà. La mostra a Lugano presenta diverse opere esemplari, dai cicli dei primi anni, alle Composizioni, ai Catrami degli anni 1948-1950 fino ai Sacchi, capolavori che portano l’arte di Burri verso una definitiva dimensione materica. Dopo le sperimentazioni con i materiali più diversi – dal catrame alla pietra pomice, dall’oro al gesso, e molti altri – l’artista inizia a impiegare il fuoco nell’azione formatrice dell’opera. In mostra, diverse opere, tra cui Plastica e Rosso Plastica, 1962, sono esiti di un incessante intervento compiuto dall’artista con in pugno l’erogatore di fiamma sulla tela, sulla plastica e il vinavil o sull’alluminio, mentre aggredisce e apre varchi, brucia zone centrali e orli, rivelando un territorio materico ignoto. Dopo il fuoco, con i celebri Cretti, Burri passa all’elaborazione degli altri cardini della dimensione della materia: terra, aria e acqua. Una nuova manifestazione di spazialità materica si manifesta in rare opere degli anni Settanta, come Bianco Nero Cretto, 1972, o nel Bianco Cretto C1, 1973. La mostra a Lugano si chiude con alcuni lavori in cellotex degli anni Ottanta e Novanta, quali Cellotex, 1980, e Nero e Oro, [1993]. Afono e opaco, il cellotex, composto ligneo usato in ambito industriale, è la materia che nelle mani di Burri arriva a visualizzare le dimensioni del silenzio, del buio, ma anche del vuoto, del pieno e dell’assenza, tutte nuove coordinate estetiche che influenzeranno alcune delle ricerche successive più avanzate. In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo bilingue (italiano-inglese) edito da Mousse Publishing con un’introduzione di Giancarlo e Danna Olgiati, i saggi storico-critico-scientifici di Gabriella Belli e Bruno Corà, una conversazione tra Gabriella Belli e Mario Botta, nonché gli apparati bio-bibliografici e le schede delle opere.


Collezione Giancarlo e Danna OlgiatiLa Permanente 2025 – 2026 La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, aperta al pubblico nello spazio espositivo adiacente al centro culturale LAC, rinnova ogni anno le opere esposte attingendo dalla propria ricca Collezione che copre 120 anni di storia dell’arte a partire dai primi anni del Novecento ad oggi. La centralità della Collezione è focalizzata sull’arte italiana che guarda al resto del mondo. In concomitanza con la mostra “Prampolini Burri. Della Materia” verranno esposte nella parte dello spazio dedicata alla Collezione permanente opere molto significative degli artisti qui sotto elencati e nella sala conclusiva l’Archivio Futurista, che raccoglie 1200 titoli originali.

Carla AccardiGiovanni AnselmoTauba AuerbachGiacomo BallaAlighiero BoettiLouise BourgeoisPier Paolo CalzolariFrancesco ClementeEttore CollaPietro ConsagraRoberto CuoghiGino De DominicisFortunato DeperoPiero DorazioGerardo DottoriLatifa EchakhchLuciano FabroAntony GormleyMark GrotjahnWade GuytonRoni HornAnselm KieferJannis Kounellis

Alberto MagnelliConrad Marca-RelliMario MerzMarisa MerzReinhard MuchaGiulio PaoliniPino PascaliGiuseppe PenoneGianni PiacentinoMichelangelo PistolettoPietro RoccasalvaSalvatore ScarpittaArdengo SofficiEttore SpallettiRudolf StingelAntoni TàpiesTatiana TrouvéWolfgang TillmansAndy WarholFranz WestChristopher Wool



Informazioni 

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Lungolago Riva Caccia 1, 6900 Lugano

T +41 (0)91 921 4632T+41 (0)91 9113040

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Orari:Giovedì - domenica: 11:00 – 18:00

Ingresso gratuito

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giovedì 17 luglio 2025

Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso

Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso è il titolo della nuova grande mostra ospitata dal 1 agosto 2025 all’11 gennaio 2026 ai Musei civici “Gian Giacomo Galletti” in Palazzo San Francesco a Domodossola. Protagonista sarà l’arte del Novecento che celebra il ribaltamento dei vincoli razionali, attraverso le opere di artisti straordinari come Pablo Picasso, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Paul Klee, Marc Chagall e Gastone Novelli.


La mostra è ideata e curata da Antonio D’Amico con la collaborazione di Stefano Papetti e Federico Troletti e promossa dal Comune di Domodossola, in partnership con la Fondazione Angela Paola Ruminelli e prodotta dal Museo Bagatti Valsecchi di Milano, con il patrocinio della Regione Piemonte e con il sostegno di Findomo S.r.l.

Il progetto espositivo esplora gli anni a cavallo tra le due guerre fino agli Sessanta, attraverso un nucleo di dipinti e opere d’arte applicata inedite che puntano a infrangere le regole imposte dalla razionalità per riscoprire una dimensione spirituale e liberatoria rispetto a ciò che è visibile e tangibile.

La mostra si inserisce all’interno della 5^ edizione dell’esposizione Italo Svizzera che sarà allestita dal 13 al 22 settembre 2025 proprio a Domodossola. Per la sua posizione strategica, la città è stata ed è tuttora un luogo di passaggio frequentatissimo da italiani e stranieri, grazie al valore storico e soprattutto commerciale, mantenuto per secoli negli scambi con le comunità presenti nelle vallate vicine.

Il confine tra Italia e Svizzera ha rappresentato sempre un terreno fertile e un luogo di incontro per molti artisti, come quelli esposti in mostra quali Paul Klee, Marc Chagall, Pablo Picasso, Fausto Melotti, Osvaldo Licini e Gastone Novelli. Da un lato la lunga tradizione culturale e artistica dell’Italia e dall’altro l’innovazione e lo sperimentalismo della Svizzera, hanno alimentato rapporti fruttuosi tra gli artisti, influenzando profondamente l’immaginario collettivo.

Paul Klee, nato nei pressi di Berna da padre tedesco e madre svizzera, rappresenta un esempio emblematico della connessione tra Italia e Svizzera, con la sua arte che risente fortemente dell’influenza della sua formazione nel paese d’Oltralpe. Anche Marc Chagall, pur essendo di origine russa, lasciò un segno indelebile in Svizzera, dove realizzò un ciclo di cinque vetrate nella chiesa di Fraumünster a Zurigo, testimoniando il suo legame spirituale e artistico con il territorio. E ancora Picasso, che si lascia affascinare dal Rinascimento italiano. La storia per ognuno di loro è fucina di nuove idee, consentendo la nascita di movimenti fondamentali come il Dadaismo e l’arte astratta.

Il titolo della mostra - Fuori dai confini della realtà – è emblematico e testimonia come questi artisti, insieme ad altri, hanno contribuito a liberare l’immagine dai significati quotidiani della realtà, riportandola a uno stato di purezza. I loro lavori, radicati in un contesto storico turbolento, si riallacciano alla tradizione europea ma, allo stesso tempo, aprono una porta verso il nuovo, attraverso un linguaggio che sfida la logica e la ragione.

Così accade nelle opere di ceramica sperimentale di Fausto Melotti, a Domodossola con una serie di Senza titolo e il Centauro realizzate nel secondo dopoguerra, come anche nelle due versioni di Bambini in ceramica invetriata che saranno in mostra. A Melotti si affiancano le opere in ceramica e vetro di Pablo Picasso, tra tutte in particolare il Furetto e il Satiro che rivelano la sua abilità nel manipolare la materia, il vetro e la ceramica, per sondare altri mondi che sono quelli della mente. Tra le opere in vetro merita particolare attenzione anche l’unica opera di Jean Cocteu, Tre occhi (1956).

Significativa in questa panoramica artistica è la presenza di Paul Klee con l’acquerello Baumgruppe del 1931 e di Marc Chagall, in mostra sia il suo Suonatore di violino che la Composition au cirque del 1976-77. E infine anche le opere pittoriche di Osvaldo Licini, come Angelo ribelle (1954), Amalassunta. mano piede (1954) e il ciclo dei Notturni (1956). Gastone Novelli sarà presente con una serie di opere che testimoniano l’interesse per un alfabeto fantastico che diventa la cifra stilistica di una pittura profondamente mentale.

La mostra, dunque, si pone l’obiettivo di riflettere sulla nascita di queste nuove forme artistiche che cavalcano il Novecento, immerse nell’immaginifico, nella fantasia, nel sogno, con un particolare focus sulle influenze degli artisti che hanno vissuto e operato tra Italia e Svizzera. Allo stesso tempo non si limita a esplorare il passato, ma si propone anche di riflettere sul futuro e su come l’irrazionale e la liberazione dell’immagine possano continuare a influenzare la nostra visione del mondo e della cultura contemporanea.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.



Egidio Costantini - Fucina degli Angeli, Il Furetto, 1954, vetro trasparente blu soffiato a mano, ED Gallery, Piacenza

sabato 5 luglio 2025

Borrowed Light

Dal 19 settembre al 2 novembre 2025 il MUDEC di Milano presenta con Deutsche Bank e in collaborazione con 24 ORE Cultura la mostra Borrowed Light dell’artista indiana Rohini Devasher, vincitrice nel 2024 del prestigioso premio internazionale “Artist of the Year” che la Banca dedica all’arte contemporanea. La mostra è a cura di Britta Färber, Global Head of Art & Culture di Deutsche Bank, e rappresenta la prima mostra personale dell’artista in una istituzione italiana.

Rohini Devasher, One Hundred Thousand Suns (still da video), 2023 

Video installazione a quattro canali, 25'17''  

© Courtesy l’artista e Gallery Wendi Norris, San Francisco

Per il quarto anno consecutivo il premio “Artist of the Year” torna al MUDEC di Milano consolidando la significativa collaborazione tra Deutsche Bank e 24 ORE Cultura nata nel 2022 e fondata su una comune attenzione verso i linguaggi e i temi del contemporaneo.

Per avvicinare un pubblico sempre più ampio ai principali temi e metodi della pratica artistica di Rohini Devasher, la mostra Borrowed Light è accompagnata da un ricco palinsesto culturale prodotto da Deutsche Bank e incentrato sui temi dell’osservazione e della percezione, che conta una serie di attività gratuite rivolte alle famiglie e al pubblico delle scuole secondarie di secondo grado e delle università, fra cui visite guidate interattive e laboratori esperienziali. Il programma culturale prenderà il via venerdì 19 settembre alle ore 18.30 nell’Auditorium del MUDEC con un Artist Talk in cui Rohini Devasher, in dialogo con la curatrice Britta Färber, condividerà con il pubblico gli aspetti più rilevanti del suo lavoro.

Dal 2010, ogni anno Deutsche Bank assegna il premio “Artist of the Year” ad artiste e artisti emergenti di tutto il mondo che creano opere di rilevanza anche sociale e sviluppano nuove prospettive sul presente. Anziché un premio in denaro, Deutsche Bank mette a disposizione degli Artists of the Year una piattaforma internazionale di visibilità, che comprende una mostra personale corredata da un catalogo e l’acquisizione di alcune opere per la Deutsche Bank Collection, una delle più importanti collezioni corporate a livello internazionale, nata nel 1980. La mostra personale dell’“Artist of the Year” inaugura tradizionalmente al PalaisPopulaire di Berlino, lo spazio di Deutsche Bank dedicato all’arte e alla cultura, per poi essere presentata in altre istituzioni nel mondo.

Per il 2024 l’“Artist of the Year” è Rohini Devasher (Nuova Delhi, 1978), prima artista indiana a ricevere questo riconoscimento, selezionata su proposta di Stephanie Rosenthal, Direttrice del Guggenheim Abu Dhabi Project. Astronoma amatoriale oltre che artista, da anni porta avanti una pratica di ricerca che esplora le intersezioni tra arte, scienza e filosofia, sviluppando progetti che mettono in dialogo cultura visiva, tecnologia e sapere scientifico. Grazie al suo approccio interdisciplinare e all’integrazione dei linguaggi dell’arte contemporanea nella vita quotidiana, le opere di Rohini Devasher si rivelano profondamente attuali, in piena sintonia con l’identità e i valori della collezione di Deutsche Bank.

Centrale nel suo lavoro è l’osservazione del cielo: un gesto antico e universale che Devasher indaga sia dal punto di vista scientifico – attraverso strumenti e dati – sia come esperienza culturale e filosofica, secondo una prospettiva radicata nella tradizione indiana.

Per realizzare le sue opere l’artista collabora con astronomi, fisici, osservatori internazionali e istituzioni scientifiche dove svolge anche residenze artistiche – le ultime nel 2023 al CERN di Ginevra, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, e all’International Centre for Theoretical Sciences (ICTS-TIFR) a Bangalore. Devasher non si interessa solo allo sguardo rivolto verso il cielo: è affascinata dalle narrazioni, dalle storie delle persone la cui vita è stata trasformata dal cielo stellato – anche attraverso più generazioni – oltre che dalle forme e le modalità di interazione che scaturiscono dalle loro osservazioni, dalle tecnologie e dagli strumenti utilizzati, dalle ideologie e dai miti che plasmano osservazioni e percezioni.

Questa lunga ricerca, insieme ai temi e alle domande che la animano, confluisce nella mostra Borrowed Light, che mette in primo piano il suo impegno di lunga durata nel campo dell’astronomia, dove la luce svolge un ruolo fondamentale non solo come fenomeno fisico ma come una vera e propria traccia visibile del tempo che scorre.

Non a caso il titolo prende spunto da un termine architettonico che indica la luce riflessa, o “presa in prestito”, da uno spazio adiacente per illuminare un ambiente altrimenti buio. Questa immagine diventa il punto di partenza per riflettere su alcuni temi centrali del lavoro dell’artista come l’impermanenza, la luce e il tempo, ma anche sulla conoscenza: su ciò che arriva a noi per riflesso da altre culture, epoche o strumenti.

Borrowed Light evoca anche una riflessione più ampia sulla prospettiva da cui osserviamo il cielo: ogni osservazione è situata, condizionata dal contesto geografico, culturale, linguistico e ideologico di chi guarda.

Per introdurre il pubblico a queste tematiche di natura sia filosofica che scientifica, il progetto espositivo si apre con una selezione di letture proposte da Devasher, accompagnate dall’ascolto dell’audio Reading the stars. Questo momento iniziale invita a immergersi nel pensiero dell’artista e offre una chiave d’accesso per l’intero percorso espositivo, che comprende installazioni video e opere a parete realizzate su carta e lastra di rame. L’allestimento è pensato per evocare lo spazio cosmico all’interno degli ambienti di MUDEC Photo: pareti scure e luce attenuata richiamano l’oscurità dell’universo, mentre un intervento murale site-specific collega visivamente le opere tra loro creando una sorta di costellazione visiva.

Al centro della mostra si trova l’installazione video One Hundred Thousand Suns del 2023, un’opera a quattro canali che si basa su oltre 150.000 immagini solari catturate in un secolo all’Osservatorio Solare di Kodaikanal, in India. Utilizzando materiali d’archivio, immagini NASA e dati personali, questo lavoro traccia l’evoluzione dell’osservazione solare, dalle prime macchie solari disegnate a mano su carta, alla fotografia su lastre di vetro e ai dataset dell’era spaziale, fino alle collezioni di dati raccolti dall’artista stessa.

L’opera mette in evidenza come il luogo, l’osservatore e i metodi di osservazione e raccolta possano generare molteplici interpretazioni del tempo, dei dati e della verità, mostrando inoltre come gli esseri umani abbiano impiegato strumenti in continua evoluzione per raccogliere e conservare dati astronomici – dall’osservazione visiva diretta a sofisticate tecnologie digitali.



Borrowed Light è così un “viaggio tra le stelle” che invita a riflettere sulla nostra connessione con i cieli e con ciò che si trova oltre, per immaginare un futuro comune fondato su solidarietà ed empatia. Non solo un’indagine sul cosmo, ma anche un’occasione per riscoprire l’osservazione come strumento collettivo e culturale, capace di ampliare i nostri orizzonti e cambiare la percezione del mondo, che si tratti di un’eclissi solare o del più piccolo filo d’erba.

Grazie alla collaborazione con Deutsche Bank per il progetto “Artist of the Year”, il MUDEC conferma ulteriormente il suo ruolo di spazio votato alla sperimentazione e ai linguaggi più innovativi, dove il pensiero e le pratiche di artisti tra i più importanti della scena contemporanea - come ad esempio La Chola Poblete, Maxwell Alexandre, Conny Maier, Zhang Xu Zhan e LuYang - hanno trovato massima espressione.

Nel corso degli anni Deutsche Bank ha assegnato il premio “Artist of the Year” a Wangechi Mutu (2010), Yto Barrada (2011), Roman Ondàk (2012), Imran Qureshi (2013), Victor Man (2014), Koki Tanaka (2015), Basim Magdy (2016), Kemang Wa Lehulere (2017), Caline Aoun (2018-2019), Maxwell Alexandre, Conny Maier e Zhang Xu Zhan (biennio 2020 – 2021), Lu Yang (2022), La Chola Poblete (2023) e Rohini Devasher (2024). Per il 2025 l’“Artist of the Year” è Charmaine Poh. 


INFORMAZIONI MOSTRA

“Deutsche Bank Artist of the Year” 2024

Borrowed Light – Rohini Devasher

MUDEC – Museo delle Culture di Milano 

19 settembre – 2 novembre 2025

Via Tortona 56, Milano


Orari

Lunedì 14.30 – 19.30

Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30

Giovedì – sabato 9.30 – 22.30

(ULTIMO INGRESSO UN’ORA PRIMA)

Ingresso libero


Sito

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Info

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